GIANNI DE TORA

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1974 Galleria Inquadrature 33, Firenze 30 ottobre 11 novembre

 
 
ARTICOLO DI CORRADO MARSAN SU "IL GIORNALE D'ITALIA" DEL 12/13 NOVEMBRE 1974
Alla Galleria Inquadrature 33 espone Gianni De Tora, un artista che pur essendo di giovane età ha dietro di sé una ragguardevole attività artistica a livello internazionale, interessando la critica più autorevole e collocandosi in una posizione di primo piano nel panorama dell'arte contemporanea. Le opere di questa sua esposizione fiorentina, nel loro ineccepibile rigore costruttivo, si presentano come un'indagine spazio- strutturale volta alla realizzazione, attraverso i simboli della geometria elementare di un nuovo ordine formale, cardine di un mondo dove l'uomo può recuperarsi riscattandosi dalla sopraffazione tecnologica. La mostra, che si è conclusa ieri sera, ci è sembrata di notevole interesse culturale.
 
ARTICOLO DI G QUARTA SU ARTE E SOCIETA' MAGGIO 1975
Giannl De Tora ha esposto allo studio "Inquadrature 33" (v. Pancrazi, 17r). Sandra Orienti - che assieme a L.V. Masini lo presenta in catalogo - nota che " l'operazione di De Tora si compie secondo un processo inventivo per il quale la necessaria selezione degli elementi estratti dal mondo della geometria giunge a precisare il carattere di una articolazione in estensione e profondità ... , un impegno distributivo di ineccepibile rigore, in virtù dello spiazzamento provocato da una sorta di sottile ironia dell'immaginazione”. Ne conveniamo. …..
 
ARTICOLO DI GIUSE BENIGNETTI SU ECO D'ARTE GENNAIO 1975

Il napoletano Gianni De Tora, giovane e vivace, propone a « Inquadrature» le proprie composizioni nelle quali il modulato gioco di geometrie articolate svilup- pa metodicamente possibili variazioni di temi fondamentali nei quali anche il colore tiene la propria parte e concorre ritmicamente al completamento delle strutture. La fantasia apporta in esse un calore umano vitalissimo e suggestivo.

 
ARTICOLO DI LUCIA BRUNI PER LA RIVISTA “A. STUDIO” DI FIRENZE -1975

FIRENZE

"Studio Inquadrature 33 "
GIANNI DE TORA

Tutto ciò che è luce si vede, tutto quello che è materia si tocca, la linea si percepisce.Sintesi ad inquadrare l'opera di Gianni De Tora - visto allo “Studio Inquadrature 33 “- questa nostra iniziale constatazione ci aiuta ad entrare nel campo segnico dell'autore, il quale dal canto suo ci offre un'opera il cui linguaggio non è certo tenero e docile allo sguardo dello spettatore. Siamo ormai giunti alle soglie del “nulla” o ci stiamo risollevando con pazienza e tenacia da un baratro di disorientamento dove eravamo caduti? Né l'una né l'altra tesi è accettabile dal punto di vista “occasionale” di De Tora. La ricerca della luce, la linea precisa che ci pare alla base di questo suo “rincorrere” il tempo e lo spazio, ci avviano verso una meta che ci affascina e allo stesso ci oscura, occupati come siamo sempre dalla voglia insistente di vedere noi stessi attraverso qualunque “ostacolo” ci venga posto avanti, massime poi quando si tratta di un'opera d'arte. Il quadro è uno degli “specchi” più antichi e cercati dall'uomo, uno specchio magico dove ci si ritrova spesso deformi o bellissimi, astuti o ingenui, ma pur sempre “liberi” di guardarvi o no dentro. De Tora non ha pretese di insegnarci a farlo, ma crediamo che lui per primo lo abbia fatto: quando ha costruito la linea, il colore, la luce dentro l'opera e più ancora quando ce la rende pulita ed intatta nella sua veste creativa, pronta a lasciarsi ben guardare ma non penetrare come qualcosa che ci appartiene. E' questa l'osservanza rigorosa di un rispetto che le compete e che non si lascia “comperare” dal distratto vivere di ogni giorno.

 
ARTICOLO DI VITTORIA CORTI SU “LE ARTI” DI DICEMBRE 1974

PERSONALE ALLA GALLERIA INQUADRATURE 33 DI FIRENZE

Alle Inquadrature Marcello Innocenti prosegue la sua coraggiosa opera di scoperta e incoraggiamento degli artisti della leva più giovane: questa volta è una mostra di Gianni De Tora che ha fermato la nostra attenzione. De Tora ha fede nella geometria per arrivare alla certezza inevitabile che deve avere l'arte, perché la geometria fornisce verità semplici e generali, si muove nella zona limpida e corroborante dell'astrazione, riduce la molteplicità caotica, effimera, incerta dei fenomeni a regole elementari ed inconfutabili. La sfera è l'elemento principe nei pannelli di De Tora, sfere esatte, trasparenti, disposte simmetricamente, attraversate da fasci di secanti che scompongono la luce nei colori dell'iride. L'impaginazione rigidamente calibrata acquista animazione per le variazioni graduali da sfera a sfera e per il collegamento dinamico delle parti tra di loro e con l'elemento centrale. In queste variazioni e collegamenti sta lo scatto fantastico, vien introdotto un soffio d'irrazionalità e di sorpresa che rallegra l'occhio e lo rende sensibile, oltre che alla struttura concettuale dell'opera, alla finezza dell'esecuzione, al brio di certe campiture metallizzate.

 
ARTICOLO DI CORRADO MARSAN SU LA NAZIONE DI FIRENZE DEL 10.1.1975
Gianni De Tora
Quella di Gianni De Tora è una delle « presenze » più indicative dell'area della giovane cultura napoletana d'avanguardia: un'area che in questi ultimi cinque-sei anni ha avuto momenti di indubbio splendore e di indubbia «attualità» e all'interno della quale il De Tora (classe 1941) viene operando con estremo rigore e con la dovuta cautela. Il suo occhio critico ha preferito rifuggire da ogni sorta di colpo a sensazione per puntare, intelligentemente, su un lavoro di scavo che, di simbolo in simbolo, mantiene costanti alte e perentorie. Il suo è un racconto, in chiave geometrica (una geometria assai vicina all' «oggetto ansioso» che ha contaminato buona parte della linea della ricerca contemporanea), che sembra voler mettere a fuoco, in un abilissimo gioco di scomposizione-ricostruzione dello "spazio nell'immagine”, le metamorfosi e le tensioni del flusso e del riflusso della "realtà” (una realtà metafisica e tecnologica insieme) come per prolungarla nel suo atto poetico e drammatico. E proprio il senso di "concretezza” che deriva da questo ininterrotto e allusivo viaggio esplorativo di De Tora (una sua cospicua mostra personale si è chiusa, nei giorni scorsi, allo «Studio Inquadrature 33»), da questo minuzioso rapporto oggettivo con le “cose" più disparate, è il termine che più maggiormente ricorre nelle sue "mutazioni" e nei suoi "cerchi riflessi” più recenti: di qui una mozione di ricerca alla quale, in un secondo tempo, si possono aggiungere - grazie ad un segno che si scinde o si rassoda a seconda della necessità dei vari filtri del procedimento linguistico - anche le notazioni estetiche di liricità.
 
pubblicità sulla rivista Arte e Società del 1975 per mostra personale a Firenze
 
 
CITAZIONE INSERITA IN CATALOGO /Cartesio
….La fisica, l'astronomia, la medicina e tutte le altre scienze che dipendono dalla considerazione delle cose composte sono dubbie ed incerte; ma che l'aritmetica, la geometria e le altre scienze di questa natura, che trattano di cose assai semplici e generali, senza preoccuparsi se esistono o no nella natura, contengono qualcosa di certo e di indubitabile.
 
LETTERA DI GIO' POMODORO INSERITA NEL CATALOGO

Da una lettera di Giò Pomodoro scritta a Gianni De Tora in occasione della Mostra:

... le cause si fanno sempre più confuse con le cause in generale per cui si esiste. Con ciò non vuol dire che ci sia una perdita di « idealità », ma una certezza circa la vaghezza d'un centro da colpire, tanto questo è ormai dilatato nella molteplicità delle plurime consapevolezze, che a ciascuno almeno spetti la « consapevolezza » di quanto sia difficile colpirne almeno l'alone. Cioè l'alone di cui pare fatto il centro. Anche questa è una certezza ma nel "dubbio ". Scusami ancora per il ritardo e abbiti tutta la mia stima e tutti gli auguri pei il tuo lavoro.

Fraterni saluti

 
TESTO DI LARA VINCA MASINI SU CATALOGO MOSTRA
... ad un breve tentativo di lettura di questi lavori recenti di De Tora, nei quali, mi sembra, egli tende a chiudere una sua intenzione, allusiva della condizione attuale dell'uomo urbanizzato, in una sigla dinamica, che stempera nell'eleganza del ritmo cromatico la drammaticità di forme simboliche aggressive, tentacolari, dentate ancora in bilico tra organicismo e astrazione geomerica. Nelle sue composizioni l'attenzione si accentra sull'elemento sferico, o spesso decentrato, composito e articolato, in andamenti lineari tal- volta anche eccessivamente manierati; dove l'immagine si svolge in una sorta di ripresa da “ fish-eye “. Ne risultano, in una focalizzazione guidata e otticamente deformata, visioni contrapposte e incessantemente distruggentesi l'una l'altra, i cui riferimenti sono quelli del panorama tecnologicizzato delle nostre città, dove ormai all'uomo si nega ogni possibilità di raccoglimento, di meditazione, di pensiero.
 
TESTO DI SANDRA ORIENTI DAL CATALOGO
L'operazione di De Tora si compie secondo un processo inventivo per il quale la necessaria selezione degli elementi estratti dal mondo della geometria giunge a precisare il carattere di una articolazione, in estensione e in profondità, mediante episodi che vengono a sfalsare, con felice intenzionalità, un impegno distributivo di ineccepibile rigore, in virtù dello spiazzamento provocato da una sorta di sottile ironia dell'immaginazione. La forma capitale, entro e per la quale si enuclea il comporre di De Tora, è la sfera; e in qualunque parte della superficie essa stabilisca la sua esigente presenza, riesce a captare ogni capacità di attrazione che il suo ruolo richiede: non solo o non tanto nei confronti di chi osservi, quanto rispetto all'ordine dell'opera che ha, in quella forma, il suo nodo provocatore; e soprattutto perché la sfera, o il cerchio, quando la sua accezione sia da intendere con minore tensione tridimensionale, accentra e risolve l'animosità dei rapporti con gli altri elementi e delle interferenze interne che la significano, e stabilisce, nella sequenzialità degli accadimenti relativi alle sottili manipolazioni della forma e al suo proporsi nella gradualità dei piani, un attrito dinamico. Un attrito che risulta per ciò conseguente, anche se non sempre del tutto logico, e che proprio per questo si rivela inquietato da un umore sàpido, capace di contendere, fin dal progetto, i propositi dell'« esprit de géometrie ».
 
 
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